Sì, può essere che abbia esagerato nel chiamarle “normative” ma sicuramente, quelle che leggerai, sono 6 abissali differenze tra il Packaging Positioning e il packaging grafico creativo.
Gli scaffali dei supermercati sono pieni zeppi di packaging sviluppati da agenzie creative o da studi grafici, realtà generaliste, dove spesso la conoscenza del marketing e della vendita scarseggia o serpeggia sotto forma di vuoto nozionismo. Sono packaging che:
- vengono venduti al cliente senza educarlo sulla loro funzionalità alla vendita;
- fanno perdere fior di quattrini alle aziende;
- le costringono a competere sul prezzo;
- invece di rinforzarle, contribuiscono al loro declino.
La differenza tra questi packaging e i progetti di Packaging Positioning sta in più di un fattore. Ne ho individuati 6 e qui voglio condividerli con te. Leggi questo articolo con molta, molta attenzione, soprattutto se sei in procinto di fare o rifare il packaging del tuo prodotto.
1. La specializzazione
Non è un caso che le agenzie creative e gli studi grafici che si occupano anche di packaging possano essere etichettati come realtà generaliste. La loro offerta, infatti, comprende i più disparati servizi nell’ambito della comunicazione. Questo deve farti pensare subito al fatto che manca una vera e propria specializzazione in packaging design ma soprattutto una scuola chiara di marketing orientato al posizionamento e il vero motivo è che se comprendessero e sapessero fare il posizionamento lo farebbero prima di tutto per sé stessi. Questo è un dato indiscutibile!
Io la penso così e sono certo che sarai d’accordo con me: se un’azienda o un professionista – di qualsiasi settore del mercato – non sono specializzati in ciò che offrono, va da sé che il loro servizio non potrà mai creare lo stesso valore di quello fornito da uno specialista. È un dato di fatto, incontestabile.
La prova del nove, poi, la danno i risultati. E veniamo quindi alla seconda differenza tra packaging creato da specialisti e packaging creato da “generalisti”.
2. I risultati
Lo sviluppo del packaging design può considerarsi efficace solo quando porta risultati tangibili all’azienda. Se ti sembra che stia dicendo qualcosa di ovvio, sono contento, perché sei già a un buon punto.
Purtroppo, però, succede troppo spesso che proprio i risultati passino in secondo piano! Creativi e grafici non ne parlano mai concretamente e, quel che più mi sconvolge, è che sono gli stessi committenti a dar poco peso alla questione. Perché? Perché non sanno che il packaging non è solo l’imballaggio del loro prodotto, ma è un vero e proprio strumento di vendita.
Qui a Packaging in Italy la premessa alla base di ogni contratto è che il nostro servizio porterà risultati, contribuirà all’incremento del fatturato. Non abbiamo paura di esporci, perché sappiamo come lavoriamo, e perché possiamo mostrare decine e decine di case history di successo. Per esempio:
- quella di Paluani, le cui vendite sono “schizzate” del 40% dopo che il pack del pandoro e del panettone sono stati ripensati attraverso il metodo del Packaging Positioning;
- quella del pane carasau di una piccola azienda sarda arrivato nella GDO russa di livello premium;
- quella dell’insalateria La Gourmerì per cui abbiamo ideato non solo il packaging, ma l’intero progetto di sviluppo del concept store, che ha portato al cliente risultati immediati;
- quella dell’azienda Migliori, produttrice di olive ascolane, che sotto la nostra guida ha ripensato la sua offerta in termini di focalizzazione su un unico prodotto dalle caratteristiche differenzianti rispetto ai competitor, e così facendo ha allargato notevolmente la sua area di distribuzione, entrando anch’essa nella GDO;
- quella di Majani, che ci ha affidato il restyling del packaging del più storico dei suoi prodotti, a cui abbiamo lavorato in chiave riposizionamento.
E potrei andare avanti con molti altri esempi (tutti i nostri lavori li trovi nella sezione “Case history”). Come abbiamo fatto a raggiungere questi risultati? Rivoluzionando il concetto stesso di packaging.
3. La concezione del packaging
Secondo le teorie di marketing tradizionaliste, il packaging è uno dei tanti elementi che confluiscono nella strategia di marketing mix. È così che viene tutt’oggi concepito dagli addetti ai lavori. Questa visione ha sempre depotenziato il packaging, rendendolo uno strumento sì importante ma non tanto da essere al centro di un’operazione di branding. Una di quelle cose, insomma, di cui ci si può occupare in un secondo momento, dopo aver definito tutti gli altri elementi della brand identity: naming, logo, pay off, ecc…
La rivoluzione che abbiamo attuato con il Packaging Positioning, invece, ha portato il packaging sotto le luci della ribalta, trasformandolo in:
- strumento centrale e motore del marketing;
- base del branding e del posizionamento di marca.
Perché è proprio il packaging che, alla fine della giostra, si ritrova a tu per tu con il cliente, gli comunica l’essenza del prodotto, i suoi tratti differenzianti, i suoi punti di forza e, in ultima analisi, i motivi per cui vale la pena non solo metterlo nel carrello, ma eleggerlo come prodotto di riferimento per la categoria cui appartiene.
Tra Packaging Positioning e packaging grafico classico c’è dunque un abisso perché sono servizi con basi, sviluppo e obiettivi del tutto differenti. Col metodo del Packaging Positioning, il pack del prodotto non è mai solo un orpello, ma la testa d’ariete del business, il motivo per cui sui grafici del fatturato le vendite si impennano, senza scendere a compromessi sul prezzo ma perché il prodotto conquista il consumatore, la sua mente.
4. Il metodo
Ti ho detto cosa ottieni con il Packaging Positioning, ma non ti ho ancora spiegato quali sono le basi di questo metodo scientifico per creare packaging finalizzati alla vendita. Avrai capito da solo che per rendere il packaging uno strumento così potente è necessario che il suo sviluppo sia sorretto da pilastri altrettanto potenti.
E infatti è così. Alla base del Packaging Positioning non c’è lo studio grafico del pack, che è solo l’ultima fase, ma c’è il marketing analitico, quindi:
- lo studio del mercato, l’analisi della concorrenza e del target;
- lo studio della differenziazione dell’offerta.
Questo è l’unico modo per creare un posizionamento e non un semplice imballaggio, ed è questo che rende il Packaging Positioning non solo una procedura operativa, ma un metodo scientifico, una nuova disciplina del marketing.
Differenziati e vinci la guerra sullo scaffale con il Packaging Positioning. →
5. Procedura operativa contro disciplina scientifica
Il packaging grafico classico è una procedura del marketing operativo. Il problema alla base di questa concezione è che spesso il marketing scompare e il packaging diventa una mera procedura operativa attraverso la quale eseguire le indicazioni del cliente, non quelle dettate da un esperto di marketing.
Il Packaging Positioning, invece, essendo sorretto da un metodo di analisi scientifica, si eleva a disciplina di marketing. A validare questa affermazione ci sono due autorità:
- Jack Trout, padre e divulgatore del brand positioning. Ho avuto la fortuna di presentare a Jack il metodo del Packaging Positioning, ed è stato accolto con entusiasmo sia da lui che dagli esperti di strategic positioning che, come me, fanno parte della Trout & Partners. Cosa vuoi di più dalla vita? Un Lucano?
- Il mondo accademico. Da anni, infatti, il Packaging Positioning viene insegnato all’università ai marketer di domani.
E adesso, vediamo la sesta fondamentale “normativa” e differenza tra Packaging Positioning e packaging “generalista”.
6. Cosa danno al cliente il Packaging Positioning e il packaging “generalista”
Il packaging sviluppato dai “generalisti” è quasi sempre sinonimo di packaging creativo. Questo è un male? Sì, se non è la creatività ciò che serve realmente al cliente. E, di solito, non lo è. Ma allora perché le aziende si affannano per cercare menti creative per la propria comunicazione? Be’, la risposta è semplice: la creatività è affascinante, stupisce, e sembra che rinforzi il prodotto… Sembra! In realtà, è solo un’illusione, per non dire una fregatura ben infiocchettata.
Al cliente non serve stupire, quello che gli serve realmente è differenziarsi in modo netto e concreto dalla concorrenza. E questo, al contrario di quanto si crede, non si ottiene a colpi di creatività, ma portando sul packaging le informazioni estrapolate dallo studio dei concorrenti e individuate come differenzianti. Esattamente ciò che fa il Packaging Positioning, che dà al cliente uno strumento che è di per sé una strategia per vincere la guerra sullo scaffale e diventare top of mind per i consumatori.
Ora prendi questi 6 punti. Studiali e valutali con il tuo team, e se hai bisogno di un packaging per il tuo prodotto, ricorda che il Packaging Positioning è l’unico metodo che ti dà non ciò che ti piace ma ciò che ti serve. È questo che fa la vera differenza, che ti permette di emergere e di non lasciare che il tuo prodotto si inabissi nella dimensione del non-posizionamento e non arrivi mai nella mente dei consumatori.
Entra nel mondo del marketing nel 1996, nel 1999 ha fondato Ardigia Marketing Funzionale, nel 2013 fonda Packaging in Italy, l’agenzia di Pack dal Design italiano.