Per aumentare il tuo fatturato la creatività non serve

Per sapere fino in fondo quanto conta la creatività per il tuo fatturato devi leggere questo post, avrai certamente degli spunti e delle armi in più sulla tua concorrenza!

Proprio l’altro giorno, dopo una lunga riunione con un nuovo cliente che produce gioielli estremamente costosi, mi sono sentito rivolgere una domanda precisa. “Bondani mi scusi… non ho ancora capito come riesca a coniugare l’italianità del design che propone con questo suo concetto di packaging funzionale e non creativo”.

Premetto che ho la fortuna di confrontarmi da anni con imprenditori, responsabili marketing e direttori commerciali, ascolto con grande attenzione le loro domande e i loro dubbi per dare a loro le soluzioni più adatte.

Esistono però malcomprensioni che se non vengono chiarite, lasciano i clienti incerti e dubbiosi. Per questo ho deciso con il post di oggi di parlare in modo chiaro del nostro pay-off “il Pack dal design italiano” e della “creatività, no grazie”.

Ho ben chiaro il collegamento tra packaging funzionale e italianità del design (o creatività italiana), ma comprendo bene il dubbio che mi ha esposto il cliente. So da dove nasce e probabilmente è questo il motivo che oggi mi permette di aiutare le aziende a vendere i loro prodotti grazie ad un packaging funzionale alle vendite.

 

Perché italianità del design non significa creatività fine a se stessa.

Più volte ho spiegato come l’approccio di Packaging in Italy si basi su pochi concetti ben definiti:

  • In agenzia ci occupiamo solo di packaging (non siamo un’agenzia generalista)
  • Sviluppiamo ogni progetto orientato al consumatore e alle vendite del prodotto (non creativo)
  • Sfruttiamo la nostra italianità, sempre e ovunque nella realizzazione finale del progetto, dopo che abbiamo individuato la USP arriva il nostro ingegno italiano, quello che voi chiamate “creatività”

Pensiamo per un attimo al packaging come ad una forma d’arte. Immaginiamo di essere in pieno Rinascimento. Grandi maestri all’apice della loro storia. Vedo Giotto, Raffaello, Caravaggio, Michelangelo, Leonardo e un esercito di maestri di bottega, apprendisti, committenti e intermediari.

Un mercato florido, vivo, produttivo. È il Rinascimento italiano.

Certamente uno dei motivi che rendono l’Italia famosa nel mondo.

Non so come la pensi, a me questo argomento è molto caro, quindi mi ci fiondo in mezzo di volata con due punti vitali:

  1. Noi NON siamo degli artisti! La nostra categoria (grafici, agenzie, ecc.) deve mettersi in tasca questo cavolo di ego. Siamo specialisti di marketing che sviluppano progetti in grado di far vendere più prodotti ai nostri clienti. PUNTO.
  2. Gli artisti venivano scelti dagli stessi clienti per lo stile che avevano, i clienti commissionavano opere per lo stile dell’artista. Tutt’ora gli artisti vengono scelti per la loro arte per come rappresentano le loro opere, a volte gli artisti vengono comprati per le sole pubbliche relazioni, per questioni politiche o di moda.

“Ho comprato proprio oggi un Van Miga Vindù, nella galleria d’arte di Via Bidoni a Milano. L’ho pagato un occhio della testa, non mi piaceva, ma l’architetto ha detto che sta bene nella mia sala riunioni; ha detto anche che tra qualche anno varrà un sacco di soldi!”

Per lo sviluppo del packaging non dobbiamo essere scelti dai clienti per questi motivi; per amicizie, questioni politiche o perché andiamo di moda.

Dobbiamo essere scelti per i lavori che abbiamo fatto, per quello che abbiamo dimostrato sul mercato e per i risultati che possiamo far raggiungere al cliente (sì, il packaging serve a far vendere il prodotto).

“Il packaging fatto da quella agenzia ha venduto e sta avendo dei risultati eccellenti nel mercato europeo”.

Questo lo possono dire solo i numeri e i clienti che comprano il packaging.

Non le stesse agenzie in maniera autoreferenziale, “ho lavorato per Tizio e Caio, ho fatto questo e ho fatto quello”. Quando è il cliente che parla con le cifre, non può mentire.

 

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Alla base di ogni opera un senso estetico altissimo e un messaggio forte e chiaro.

È questa la creatività italiana a cui faccio riferimento. È questo l’approccio che genera risultati.

Nel Rinascimento certo non si pensava al packaging, ma non credere che le esigenze del committente e della critica fossero elementi che l’artista poteva permettersi di ignorare.

Per questo la creatività fine a sé stessa non trova spazio sui libri di storia, né sugli scaffali della grande distribuzione.

Ed è per questo che il paragone di un packaging a quello di un’opera d’arte non regge. Voglio invece sottolineare come anche nel caso di artisti italiani, come quelli già citati sopra, le opere racchiudano tutto. L’intuito, la genialità e l’ispirazione erano strumenti preziosi al servizio di una visione chiara e non il punto di partenza.

DomandaSecondo te Leonardo da Vinci era un Creativo?

RispostaNOOOO!!!

Adesso dirai che sono un matto totale.

Ok, allora facciamola fuori definitivamente.

Vai su google e inserisci nella barra di ricerca “leonardo creativo”…

Non escono articoli specifici o Codici Leonardeschi, nemmeno il più potente strumento di ricerca del mondo ti ha dato risposta diretta nel tuo tentativo di associare le due parole “leonardo + creatività”.

Molto diverso se inserisci “leonardo + genio”, ma certo che aveva della creatività, ma non era e non è definito un creativo, perché creativo in fondo vuol dire tutto e non vuol dire nulla. Leonardo era geniale punto.

Prova a cercare un libro su Amazon per approfondire, i risultati che associano il nome di Leonardo al termine “genio” abbondano in tutte le lingue, quando però ti azzardi a definirlo “creativo” il primo risultato è un libro sui Cupcakes scritto da un tale Leonardo Manzo, nulla a che vedere con il nostro Leonardo!

 

Sei ancora scettico?

Questa è stata esattamente la risposta che ho dato al mio cliente di gioielli extra-luxury.

Se hai visto il video in cui spiego le 4 tipologie di packaging presenti sul mercato, ricorderai le caratteristiche del packaging “Effetto Magia”. Se le opere del nostro Rinascimento fossero state imballi e confezioni di prodotti in vendita sarebbero tutte entrate a pieno titolo in quella categoria.

Prendo in prestito le parole di Bruno Munari, un grande, uno dei protagonisti del design e della grafica del XX secolo.

Anche nel campo del design non è bene progettare senza metodo, pensare in modo artistico cercando subito un’idea senza prima aver fatto una ricerca per documentarsi su ciò che è già stato fatto di simile e quello che si deve progettare; senza sapere con quali materiali costruire la cosa, senza precisarne bene l’esatta funzione.

Non parlava di packaging, ma le regole sono le stesse, l’errore in cui cadono la maggior parte di progetti di packaging è proprio quello di cercare subito la creatività, la trovata originale, senza analizzare, ricercare e documentarsi.

Continua Munari:

Ci sono persone che di fronte al fatto di osservare delle regole per fare un progetto, si sentono bloccate nella loro creatività.

Creatività non vuol dire improvvisazione senza metodo: in questo modo si fa solo confusione e si illudono i giovani a sentirsi artisti liberi e indipendenti.

La serie di operazioni del metodo progettuale è fatta di valori oggettivi che diventano strumenti operativi nelle mani di progettisti creativi.

Valeva nel Rinascimento, valeva quando Munari ha scritto “Da cosa nasce cosa” (il libro da cui ho riportato questo passaggio) e vale oggi per ogni packaging che sviluppiamo in agenzia.

→ È questa la visione che coniuga l’italianità (il senso estetico che ci appartiene) a una visione funzionale per rendere il prodotto vendibile (farlo scegliere dal consumatore).

Qualsiasi considerazione creativa che tenda a ignorare un preciso e severo metodo progettuale si traduce inevitabilmente in tempo e soldi buttati per l’azienda.

Ho voluto spiegarti in modo chiaro questi passaggi perché li ritengo fondamentali, come ritengo fondamentale avere una specializzazione. Per questo non ci interessano gli stand, i siti, i cataloghi, depliants… Facciamo solo packaging e lo facciamo in modo non creativo.

Ora che sai che la creatività non è una soluzione, ma uno strumento per raggiungere i risultati desiderati (per aumentare le vendite) cosa vuoi fare?

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