Diventare manager. Il ruolo (e la responsabilità) dell’università

Nel mio lavoro mi interfaccio praticamente tutti i giorni con i manager. Ne ho conosciuti decine e decine nella mia carriera. Come in tutti i ruoli lavorativi di questo mondo, ci sono quelli veramente molto bravi e quelli meno. Assieme a quelli che hanno scelto il Packaging Positioning, ho portato avanti progetti di successo, che ci hanno permesso di esporre sullo scaffale non semplici prodotti ma veri e propri brand.

Oggi, dopo oltre vent’anni di lavoro nel marketing e nella comunicazione, posso dire di saper riconoscere un buon manager:

  •      so come ragiona un buon manager a livello di decision making;
  •      so come si muove all’interno dell’azienda, fra i suoi reparti;
  •      so quali argomenti porterà alla proprietà o al CdA;
  •      so esattamente i rischi che lui stesso prenderà come persona e professionista;
  •      so cosa fa, nel concreto, per raggiungere il suo obiettivo ultimo, cioè aumentare il fatturato.

Ecco perché ho deciso di scrivere questo articolo su com’è un manager e sul ruolo dell’università nel percorso di formazione dei manager: mi rivolgo a te che sei ancora uno studente, ma anche ai docenti universitari. Sì, perché credo che l’università, oggi come oggi, sia ancora la prima palestra per i manager che troverò in sala riunioni domani.

 

Università e formazione dei manager: la mia opinione

Ci sono diverse università che si stanno approcciando benissimo al mondo del lavoro, passando dalla teoria alla pratica, attraverso l’organizzazione di iniziative interessanti, come workshop con professionisti. Perché, per fortuna, si è sempre più consapevoli del fatto che alcune conoscenze si possono apprendere sui libri; altre interfacciandosi con chi lavora ogni giorno sul campo (io stesso ho avuto il privilegio di esser chiamato in cattedra all’Università Cattolica di Piacenza); altre ancora – c’è poco da fare – le insegna solo l’esperienza. Molto dipende anche dai docenti e dalla loro capacità di adattare il modo di insegnare al mondo moderno…

 

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Qual è il problema?

A mio parere, uno dei problemi è che l’università tende a indirizzare fin da subito gli aspiranti manager verso le multinazionali, verso i grandi brand. Se oggi chiedi a uno studente interessato a intraprendere la carriera di manager in quali aziende vorrebbe iniziare un percorso di formazione, senza dubbio quello ti tirerà fuori i nomi dei colossi. Pur di metterci piede sarebbe disposto a tutto… Non sto dicendo che le grandi realtà non abbiano nulla da insegnare, anzi!

Jack ma

Ma secondo me sono le PMI – le aziende che vogliono crescere – le migliori fucine in cui forgiare competenze manageriali. Un certo Jack Ma ha detto:

“La cosa più importante è che riusciate a identificare la vostra guida, dalla quale imparare il più possibile. Non è importante il campo dove agirete, ma quante cose può insegnarvi il vostro capo”.

Questo signore è il fondatore di Alibaba Group, il colosso cinese del commercio elettronico. Be’, io credo che sia più probabile trovare questa guida in una piccola o media impresa, piuttosto che nelle grandi aziende.

Quindi ai manager di domani (e alle università) dico: puntate all’imprenditore, non all’impresa!

Cosa è importante imparare? Te lo dico subito.

 

Quali conoscenze e competenze deve avere un buon manager

Non sto qui a fare lezioni di management, ma in base alla mia esperienza di imprenditore e di marketer, ti dico la mia su cosa rende grande un manager (e l’azienda per cui lavora).

Punto primo: un buon manager ha una conoscenza approfondita del mercato e dei consumatori.

Punto secondo: un buon manager lavora affinché l’azienda diventi una realtà competitiva, temuta dai concorrenti, conosciuta dai consumatori.

Punto terzo: il buon manager non mette mai – MAI – in secondo piano il marketing e la comunicazione e sa che è fondamentale lavorare per trasformarle in leve competitive.

Guarda il video di Jack Trout che spiega perchè il marketing è l’elemento fondamentale su cui lavorare.

Punto quarto: il vero manager fuoriclasse è quello che non ha “la sindrome della cadrega”. Non lavora per la sua sedia ma lavora per la sua azienda.

 

Tutte qualità che ho potuto apprezzare nei manager con cui ho collaborato qui alla Packaging in Italy, manager che vengono dalle PMI, che sono cresciuti con le rispettive aziende, che hanno abbracciato modelli manageriali virtuosi, evoluti, innovativi – e che, quando si parla di marketing, mettono al primo posto il posizionamento, il pilastro di qualsiasi business. Sono manager che hanno fatto carriere invidiabili a fianco di imprenditori grandi e piccoli.

Chiudo allora ripetendo il mio appello, rivolto agli aspiranti manager e ai docenti che hanno il compito di formarli: puntate alle PMI. Lì c’è da fare tanto, lì c’è da imparare davvero.

 

 

 

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